martedì 23 luglio 2013

Kimono e Samurai

Il gesto. L'eleganza. Lo spirito


Per immergerci nella cultura del sol levante la fondazione culturale Hermann Geiger ha organizzato a Cecina fino al 15 settembre 2013 una mostra dedicata all'armoniosa fusione tra perfezione e spirito della cultura nipponica.
Raffinata e complessa percorriamo il sentiero della spada degli antichi samurai fedeli al Bushidō, dove rispetto, onore e dedizione erano rivolti alla famiglia, al paese e all'imperatore, con cui instauravano un giuramento di sangue sul keppan, poi bruciato e sciolto nel saké.
Numerose sono le leggende che orbitano attorno a questi valorosi combattenti.
Terminologia armatura

Due delle armature in esposizione












Miyamoto Musashi
Miyamoto Musashi (1584-1645), vero nome Shinmen Musashi no Kami Fujiwara no Genshi, il più grande samurai.
A 13 anni affrontò Arima Kihei e partecipò alla battaglia di Sekigahara. Studiava la psicologia e le debolezze dell'avversario cercando di far leva sulla sua rabbia, irritandolo presentandosi in ritardo e con una scarsa igiene. Così a 29 anni aveva già vinto 60 incontri. Raggiunti i 50 si ritirò dediandosi all'arte e alla letteratura. Nel 1640 scrisse I trentacinque precetti della strategia, Il libro dei cinque elementi, La via che bisogna percorrere da soli.
Si narra che durante la cerimonia funebre un tuono rischiarò il cielo, si crede che fosse l'anima di Miyamoto che abbandonò il suo corpo.

Tomoe Gozen armata di najinata
Anche le donne potevano diventare samurai, onna bugeisha, donna guerriera. Dovevano difendere la casa, imparavano le arti marziali come il najinata-jitsu, praticata in Giappone prevalentemente da donne, derivante dall'arma che utilizzavano, il naginata, una lunga lama montata su un'asta. Anche gli accessori femminili nascondevano insidie per i nemici, come fermagli, pugnali adattati alle capigliature e i ventagli tessen. Anche se storicamente incerta, è molto conosciuta la figura di Tomoe Gozen, moglie di Miyamoto.




L'ultimo dei samurai il film
Alla fine del XIX secolo il governo Meiji abolì il sistema feudale formando un esercito moderno.
Saigo Takamori continuò ad insegnare la via della spada e nel 1877 guidò l'ultimo attacco dei samurai, la ribellione di Satsuma. Solo dopo la sua morte Saigo, L'ultimo dei samurai fu perdonato.
La storia dei 47 ronin di
G. Soulié de Morant


Nel 1700 il daimyō Asano Takumi no kami Naganori, signore di Ako era in visita al palazzo shogunale di Edo. Fu offeso dal maestro di protocollo Kira KozukenosukeYoshinaka e per reazione Asano sfoderò un pugnale con cui fu costretto a compiere seppuku. I samurai che lo accompagnarono diventarono rōnin, samurai girovaghi senza signore. Quarantasette di loro decisero di vendicare Asano seguendo così il Bushidō, ma il governo li condannò alla stessa sorte del loro precedente signore, dando vita al dramma Chūshingura.


Wakizashi
Il seppuku, conosciuto anche come harakiri, era il suicidio rituale compiuto dagli uomini con un taglio da sinistra a destra e poi verso l'alto sull'addome, sede dell'anima che poteva liberarsi e tornare pura. Un altro samurai, kaishakunin, decapitava il suicida tagliandoli quasi completamente la testa senza staccarla completamente. L'arma per compiere il gesto era il tantō, coltello, o lo wakizashi, “il guardiano dell'onore”.
Le donne compievano il rituale conosciuto con il nome jigai, con un taglio alla gola dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte dopo l'agonia.




Si narra che il Dio Susa no ō, figlio del creatore delle isole giapponesi, uccise un drago dalle otto teste e dentro la coda trovò una lunga spada, che consegnò alla sorella Amaterasu, Dea del Sole. Poi fu ereditata dagli imperatori e ancora oggi rappresenta l'unione tra terra e cielo.




La mostra si conclude al piano superiore con l'esposizione di alcuni kimono ( ki indossare, mono cosa, cosa da indossare). Vesti tradizionali a forma di “T” ricavate da un unico rotolo di stoffa. Da esso si poteva capire: l'occasione e il suo grado di formalità, l'età e lo stato civile della donna ed infine la stagione a cui era sempre abbinato per colore e decorazione.
Non valorizzava le forme femminili, infatti la biancheria da indossare doveva schiacciare il corpo in una forma cilindrica. La sensualità doveva imporsi dall'armonia dei gesti e dal fascino del celato.
Numerose furono le influenze e le variazioni che questa veste subì, fino alle riforme Tenpō (1841-1843) che limitò i beni di lusso, introducendo così i sottokimono preziosi e raffinati, aggirando così l'ostacolo e dando vita alla moda iki, “eleganza sobria”.
La vita nel periodo Edo era dura, le carestie erano ricorrenti, le cortigiane-principesse erano bambine contadine strappate dalle famiglie e dalla povertà. La popolazione si rivolgeva ai piaceri con la consapevolezza della loro caducità nel ciclo naturale della vita, fluttuando nella loro bellezza fugace.

Da sinistra a destra: Sottokimoni, Kimono da sposa, Kimono da bambino


Per tutti gli amanti della cultura giapponese è possibile assistere anche alla mostra del museo Stibbert di Firenze dedicata ai Samurai, in esposizione fino al 3 Novembre 2013: http://www.museostibbert.it/


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