martedì 3 dicembre 2013

Bagaglio invisibile


Torno da casa e scendo dall'autobus alla fermata del capolinea

Mentre attraverso il vialetto costeggiato dagli alberi nel buio della notte estiva, mi accorgo che l'unica borsa che porto non mi pesa per niente.
Eppure pensandoci bene, quando cambi casa dovresti avere un bel bagaglio enorme con all'interno tutta la tua vita. 
Guardo la borsa e mi fermo.
Nella mia borsa c'è tutta la mia vita? In questa piccola borsa per il pc e poche altre cianfrusaglie?
La vita di una persona non dovrebbe contenere molte più cose?
Forse un bagaglio invisibile legato al tuo cuore, che non trascini tu, ma che ti conduce lui, custodendo amicizia, amore e famiglia.
Eppure io sono ferma, non mi sento assolutamente trascinata.
Quindi il mio bagaglio invisibile non esiste? 

Probabilmente.

mercoledì 11 settembre 2013

Aggrappato alla sua luce


La moto era rosso fuoco, troppo splendente per la luce ancora fioca dei primi raggi di sole. Appena si sistemò partì. Fu una sensazione unica. Si lasciò un po' il giubbetto di pelle nero aperto per sentire il freddo vento entrargli fino sotto la pelle. Per lui una corsa a tutta velocità era un'emozione unica, gli alzava l'adrenalina e lo faceva sentire vivo. Il pericolo di poter morire da un momento all'altro a quella velocità sfrenata. Michelle non si reggeva molto a lui, tanto che spesso guardava dallo specchietto per vedere se ancora era lì dietro. Lo toccava leggermente e in quel tocco lui ci vedeva tutto. La sua completa fiducia, gli assegnava la sua vita e allo stesso tempo il seguire passo per passo i suoi movimenti era una simbiosi, un'affinità di anima e corpo. La corsa continuava e anche la meta sembrava sempre più lontana e misteriosa come se stessero fuggendo da una vecchia vita per entrare in una nuova. La realtà appariva così concreta in quegli attimi: i suoni erano amplificati, sentiva il verso ripetitivo di un usignolo tra le fronde degli alberi o il trattore del contadino lavorare nei campi. Anche gli odori risaltavano subito ai sensi, l'odore di bruciato di un piccolo incendio appiccato o quello dello sbocciar dei fiori a primavera. Potevi osservare il mondo, con i suoi cambiamenti di colore e tonalità, così rapidi. Improvvisamente la vita appariva così semplice e serena. Come se le complicazioni le producessero solo la società umana. La sua parola preferita, serenità, una meta forse che non era destinato a raggiungere. Cosa avesse fatto nelle sue vite passate per meritarselo non lo sapeva neppure lui. Dopo tutto, come tutte le regressioni l'aveva dimenticato.
Poi quella meta arrivò, come una fotografia istantanea dietro la curva. Si ritrovarono distesi sull'asfalto sanguinanti.
Era il 1986 e quel giorno per ben due ore Andrew morì. Nessuno li aveva ancora soccorsi quando riprese i sensi. Vedeva tutto rosso, come dietro quelle lenti per osservare le eclissi di sole. Michelle era sdraiata poco lontano da lui. Strisciando cercò di raggiungerla. Ma prima di riuscire a toccarle i capelli una luce lo fissò intensa e pacata e si sollevò da lei lentamente. Disperato si aggrappò a quella luce, sapeva che era la sua anima e se, se ne fosse andata l'avrebbe persa per sempre.
L'aveva conosciuta ad una sua mostra e gli si avvicinò mentre lei fissava il dipinto di una donna di spalle. Quelle esili spalle strette dal vestitino bianco estivo di cotone che svolazzava ad ogni suo movimento. Quelle spalle erano le stesse che lui aveva dipinto, così come i morbidi capelli. Come una premonizione il quadro sembrò prendere vita di fronte a lui e Michelle entrò a far parte della sua vita.
Ora che l'aveva persa per sempre non aveva smesso di dipingere ma aveva cambiato le sue tele. Da quel giorno riusciva a vedere negli occhi delle sue modelle di bodypainting la loro anima e gliela plasmava sulla pelle facendola emergere in superficie da una profondità di cui nemmeno loro erano consapevoli.
Lacrime, tormenti, gioie e sorrisi tutto impregnava con il suo pennello e i suoi colori in una danza fluida. Niente era fuori posto, niente era eccessivo, tutto si adattava alle loro curve fino a che le sue dita non si sollevavano. Quando il tocco cessava non solo il lavoro era finito, ma lui non si ricordava più niente di quello che aveva visto.

Aveva scelto l'arte del bodypainting come viaggio dentro quelle anime per trovare la stessa luce della sua Michelle, ma non l'avrebbe più trovata. L'immagine si sfuocava e sfuggiva alla sua memoria, come un orologio al quale un ingranaggio ha smesso di funzionare. E come il ricordo anche il dipindo era destinato a scomparirgli, non gli restava come i dipinti, anche quelle anime raffigurate proprio come l'anima della sua Michelle erano destinate a svanirgli davanti.

mercoledì 7 agosto 2013

La biblioteca dei sogni


José è davanti l'enorme biblioteca di casa Heclin. Quella casa ha un'atmosfera carica di energia, un'energia che gli scorre in tutto il corpo. Si sente in forma. Ha fatto bene a trasferirsi.
L'annuncio lo aveva trovato per caso, in una locandina dimenticata su una panchina, dove quel giorno aveva deciso di accasciarsi. Mentre leggeva le poche righe di descrizione, si era convinto che doveva partire e lasciarsi tutto alle spalle. La casa, che sembrava essersi trasformata in una discarica senza più le cure di Lora, e l'amore per lei ormai spento dopo l' aborto.

Partì nel pomeriggio per la Scozia. La casa era ancora meglio di come se l'era immaginata. Le vecchie fondamenta di pietra erano graffiate dal vento e dalle intemperie, ma erano solide e continuavano ad ergersi testarde col passare degli anni. Avevano ascoltato i mantra del monastero e adesso sostenevano il peso di una casa nobile assediata in ogni angolo dai libri.
Sparge i colori quasi a caso sulle pareti e i mobili dello studio. Restaurare la biblioteca voleva dire restaurare l'intera casa, ogni stanza è una sezione, un arto di un gigante insormontabile. Immerge la mano nel secchio. Il rosso corre tra le sue tre dita fino al polso, come il giorno dell'incidente.

La sua mente si era annebbiata per alcuni istanti.
Gli succedeva spesso, una patina trasparente si formava nei suoi occhi. Aveva l'impressione di vedere oltre le cose, ma perdeva di vista la realtà. Dentro ad una prigione di vetro rimaneva come paralizzato per alcuni attimi.
Il dottore gli aveva diagnosticato una forma di depressione che si manifestava con allucinazioni, ma lui preferiva considerarla una sorta di vetrofania. Uno sguardo attraverso ad una porta a vetri smerigliata che gli permetteva di vedere le diverse sfaccettature del mondo.
E proprio in quegli attimi non aveva visto la rotonda con l'enorme ruota, perché la vista gli tornò per vedere il rosso sulle sue mani e sul volto.

Adesso quel rosso è tutto quello che gli resta. Niente più mostre, niente più foto, niente più interviste. Niente più amore, niente più figlio, quel figlio a cui aveva sperato di poter insegnare a disegnare e stringere le manine sporche di tempera.
Tutto ciò che lo sosteneva era crollato. Da quando l'incidente lo aveva mutilato, non era più riuscito a creare la luce che riusciva a vedere nelle cose. Così l'artista visionario, José Antonio Delgado, era scappato dalla Spagna e si era rifugiato tra le spighe della Scozia per ricercare una nuova luce dentro di sé.
Ma non poteva darsi per vinto, la sua fuga doveva essere un nuovo inizio, lontano da tutti, lontano dal suo vecchio mondo, doveva ritrovarla.

Cammina per le campagne ed esce immergendosi nella natura. Più passa il tempo e meno accade dentro di lui. La luce che tutto irradia è così diversa da quella che una volta gli riempiva gli occhi.
Si chiude in casa e comincia a sfogliare tutti i libri in ogni stanza, trovando in questi proprio ciò che cercava. I sogni, la gloria, i colori delle loro vite. Lì impressi sulla carta.
E' così che decide di mostrarli a tutti, di farli uscire e vivere da quelle pagine, in una biblioteca di sogni.
Spruzzi e gocce di mille colori che brillano come piccole lacrime di arcobaleno.

Forse finalmente ha dato forma ai suoi sogni, un'opera che custodisce tante opere, mille sogni nella notte del suo.


lunedì 5 agosto 2013

Un sogno di rose, reciso

Sai Ramakrishna Karuturi, il signore delle rose

Sai Ramakrishna Karuturi, dall'aspetto innocuo e gentile, calpesta tutto quello che lo intralcia pur di coltivare le sue rose. Direttore della Karuturi Global Limited, produttrice del 9% di rose in Europa, è sempre stato appassionato di floricoltura. La sua ambizione gli ha permesso di affermarsi come multinazionale producendo 580 milioni di rose in un anno in Kenya e in India. Non ancora soddisfatto coltivava in Africa distese di mais, zucchero di canna e riso per esportarle nei mercati internazionali, ma la sua produttività viene bloccata. La sua scalata al successo era troppo rapida per essere onesta. Accusato di frode fiscale si è scoperta la manipolazione dei prezzi per sfuggire alle imposte, che ha causato una fuga illecita di capitale di 8 milioni di euro. Ma le più gravi proteste sono quelle che arrivano dai rapporti della Human Rights Watch del 2012, in cui Karuturi è accaparratore di 300 000 ettari di terre di contadini e pastori, che non riescono più ad accedere a fiumi e laghi, spesso inquinati dai pesticidi e agenti chimici delle coltivazioni, alterando la loro biodiversità. Anche i suoi lavoratori si lamentano di lui. Molti scioperi di protesta sono stati organizzati e da un rapporto della London Business School si scoprono gli esigui salari, di solo 0,50 dollari al giorno e la loro scarsa sicurezza sul luogo di lavoro. Un grande stratega finanziario, ma sicuramente senza scrupoli.


Pezzi di vetro


I frammenti colorati delle vetrate coprivano il pavimento come un mosaico variopinto. La luce entrava dagli scheletri ammuffiti delle finestre a cui la vegetazione si aggrappava.
Entrai facendo attenzione a non inciampare, sollevando leggermente la gonna del vestito nero di pizzo. Lo spettacolo era stupendo, i riflessi colorati dipingevano le pareti di colori sgargianti, proiezioni di quello che un tempo erano. La nostalgia riuniva i piccoli pezzi di vetro che avevo visto uniti dietro le tende bordeaux del “Ristorante sopra la collina”, considerato uno dei migliori ristori di lusso di Empoli.
Mi ci aveva portato solo una volta il mio amante, Pierre e subito me ne ero innamorata. Le luci delle candele vibravano flebili e sottili contro la notte, la potevamo solo intravedere per le tende tirate. La piccola fessura di buio era come filtrata dal colore del vetro, distorcendo i colori al di là, mi sentivo immersa ancora di più in un mondo parallelo.
Esistevamo solo io e lui.
La sua mano era posata sulla mia in un tocco così caldo da farmi formicolare la pelle.
Mi sentivo viva.

Ci eravamo conosciuti su un set fotografico. Lui con la camicia color oceano a risaltargli gli occhi se ne stava seduto in disparte, con la gamba fasciata dai pantaloni di pelle nera e poggiata sul ginocchio, il braccio sul bracciolo della sedia e l'altro a sistemare il ciuffo di capelli biondo ramati che gli accarezzavano i lineamenti dell'est.
Nulla era imperfetto in quel corpo snello e muscoloso e il suo abbigliamento lo avvolgeva senza dover sforzare la fantasia per seguirne l'armonia.
Si voltò a fissarmi. Gli occhi più belli che avessi mai visto, un' acquamarina senza alcuna sfumatura, limpidi e penetranti. Sembravano volermi assorbire.
Il suo sguardo era così intenso come se tutto attorno a noi reggesse solo per sostenerci, per non farci cadere nel vuoto.
Le sedie rivestite di velluto rosso, i tavoli apparecchiati con tovaglie di un candido color crema su cui le posate d'argento luccicavano.

Ma il tempo logora tutto, la forma, i sentimenti, la vita.
Il ristorante era stato lasciato cadere in frammenti. Quel ristorante che sembrava un salotto aristocratico, era diventato un piccolo scrigno in rovina di tante gemme colorate.
Mi accasciai sul pavimento, le mani tremolanti che si immersero in quei frammenti. Prendendone una manciata li lasciai ricadere in uno scroscio simile alla sua risata. Quella risata che mi accarezzava la pelle facendomi distendere i muscoli e allentare la tensione. Come se tante carezze mi toccasero all'unisono, come quando facevamo l'amore.

Eravamo tornati un'altra volta, ma ormai era troppo tardi. Il locale era già in rovina. Mi aveva fatto piacere lo stesso vederlo, tutti quei colori sembravano gridare contro il silenzio dell'abbandono. Pierre rimase incantato da me mentre giocavo con quei pezzetti sfaccettati. Mi prese tra le braccia e mi fissò, i nostri occhi riflettevano tutte quelle gemme di vetro che ci circondavano, e mi baciò. Un bacio così casto e dolce, così diverso da quelli passionali e sensuali a cui ero abituata. Per un attimo una tristezza mi percorse la schiena come un brivido, e il mio gemito tra le sue labbra diede inizio alle lacrime. Mi strinse a sé ma più lo faceva e più mi sembrava che prima o poi lo avrei perso.


Quelle gemme raccontavano una storia e portavano con loro un ricordo. Un ricordo che condividevamo io e loro, nella nostra muta sofferenza. La ricordavamo anche per Pierre, che da un anno non poteva ricordare più, lasciandomi con al collo una di quelle gemme. Una lacrima sulla quale aveva fatto incidere: “Ricorda te stessa.”

mercoledì 31 luglio 2013

“La vuole la gruccia?”



Dal vetro vedo il riflesso di tutte le clienti in mutande. Il vestitino azzurro pastello fa furore per i saldi d'estate. Piace alle magre, stuzzicadenti a cui sguscia dalle spalle, alle grasse, salsicciotti avvolti con la carta per le uova di pasqua della Coop, alle ragazzine, angioletti che non vedono l'ora di toglierselo per qualche avvenente bagnino o alle signore di una certa età, lenzuoli grinzosi segnati dal tempo, ma che il vestito di certo non copre. Arriva sempre l'acquisto, il mio futuro:
“Sono 50 euro. La vuole la gruccia? 5 centesimi.”
“No, grazie”
Così resto al negozio infilata in una delle tante scatole del magazzino assieme alle mie sorelle.

Lo shopping per una gruccia

martedì 23 luglio 2013

Kimono e Samurai

Il gesto. L'eleganza. Lo spirito


Per immergerci nella cultura del sol levante la fondazione culturale Hermann Geiger ha organizzato a Cecina fino al 15 settembre 2013 una mostra dedicata all'armoniosa fusione tra perfezione e spirito della cultura nipponica.
Raffinata e complessa percorriamo il sentiero della spada degli antichi samurai fedeli al Bushidō, dove rispetto, onore e dedizione erano rivolti alla famiglia, al paese e all'imperatore, con cui instauravano un giuramento di sangue sul keppan, poi bruciato e sciolto nel saké.
Numerose sono le leggende che orbitano attorno a questi valorosi combattenti.
Terminologia armatura

Due delle armature in esposizione












Miyamoto Musashi
Miyamoto Musashi (1584-1645), vero nome Shinmen Musashi no Kami Fujiwara no Genshi, il più grande samurai.
A 13 anni affrontò Arima Kihei e partecipò alla battaglia di Sekigahara. Studiava la psicologia e le debolezze dell'avversario cercando di far leva sulla sua rabbia, irritandolo presentandosi in ritardo e con una scarsa igiene. Così a 29 anni aveva già vinto 60 incontri. Raggiunti i 50 si ritirò dediandosi all'arte e alla letteratura. Nel 1640 scrisse I trentacinque precetti della strategia, Il libro dei cinque elementi, La via che bisogna percorrere da soli.
Si narra che durante la cerimonia funebre un tuono rischiarò il cielo, si crede che fosse l'anima di Miyamoto che abbandonò il suo corpo.

Tomoe Gozen armata di najinata
Anche le donne potevano diventare samurai, onna bugeisha, donna guerriera. Dovevano difendere la casa, imparavano le arti marziali come il najinata-jitsu, praticata in Giappone prevalentemente da donne, derivante dall'arma che utilizzavano, il naginata, una lunga lama montata su un'asta. Anche gli accessori femminili nascondevano insidie per i nemici, come fermagli, pugnali adattati alle capigliature e i ventagli tessen. Anche se storicamente incerta, è molto conosciuta la figura di Tomoe Gozen, moglie di Miyamoto.




L'ultimo dei samurai il film
Alla fine del XIX secolo il governo Meiji abolì il sistema feudale formando un esercito moderno.
Saigo Takamori continuò ad insegnare la via della spada e nel 1877 guidò l'ultimo attacco dei samurai, la ribellione di Satsuma. Solo dopo la sua morte Saigo, L'ultimo dei samurai fu perdonato.
La storia dei 47 ronin di
G. Soulié de Morant


Nel 1700 il daimyō Asano Takumi no kami Naganori, signore di Ako era in visita al palazzo shogunale di Edo. Fu offeso dal maestro di protocollo Kira KozukenosukeYoshinaka e per reazione Asano sfoderò un pugnale con cui fu costretto a compiere seppuku. I samurai che lo accompagnarono diventarono rōnin, samurai girovaghi senza signore. Quarantasette di loro decisero di vendicare Asano seguendo così il Bushidō, ma il governo li condannò alla stessa sorte del loro precedente signore, dando vita al dramma Chūshingura.


Wakizashi
Il seppuku, conosciuto anche come harakiri, era il suicidio rituale compiuto dagli uomini con un taglio da sinistra a destra e poi verso l'alto sull'addome, sede dell'anima che poteva liberarsi e tornare pura. Un altro samurai, kaishakunin, decapitava il suicida tagliandoli quasi completamente la testa senza staccarla completamente. L'arma per compiere il gesto era il tantō, coltello, o lo wakizashi, “il guardiano dell'onore”.
Le donne compievano il rituale conosciuto con il nome jigai, con un taglio alla gola dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte dopo l'agonia.




Si narra che il Dio Susa no ō, figlio del creatore delle isole giapponesi, uccise un drago dalle otto teste e dentro la coda trovò una lunga spada, che consegnò alla sorella Amaterasu, Dea del Sole. Poi fu ereditata dagli imperatori e ancora oggi rappresenta l'unione tra terra e cielo.




La mostra si conclude al piano superiore con l'esposizione di alcuni kimono ( ki indossare, mono cosa, cosa da indossare). Vesti tradizionali a forma di “T” ricavate da un unico rotolo di stoffa. Da esso si poteva capire: l'occasione e il suo grado di formalità, l'età e lo stato civile della donna ed infine la stagione a cui era sempre abbinato per colore e decorazione.
Non valorizzava le forme femminili, infatti la biancheria da indossare doveva schiacciare il corpo in una forma cilindrica. La sensualità doveva imporsi dall'armonia dei gesti e dal fascino del celato.
Numerose furono le influenze e le variazioni che questa veste subì, fino alle riforme Tenpō (1841-1843) che limitò i beni di lusso, introducendo così i sottokimono preziosi e raffinati, aggirando così l'ostacolo e dando vita alla moda iki, “eleganza sobria”.
La vita nel periodo Edo era dura, le carestie erano ricorrenti, le cortigiane-principesse erano bambine contadine strappate dalle famiglie e dalla povertà. La popolazione si rivolgeva ai piaceri con la consapevolezza della loro caducità nel ciclo naturale della vita, fluttuando nella loro bellezza fugace.

Da sinistra a destra: Sottokimoni, Kimono da sposa, Kimono da bambino


Per tutti gli amanti della cultura giapponese è possibile assistere anche alla mostra del museo Stibbert di Firenze dedicata ai Samurai, in esposizione fino al 3 Novembre 2013: http://www.museostibbert.it/


domenica 21 luglio 2013

Kleiner Flug, il fumetto tra le nuvole

                                             
Alessio D'Uva, l'intervistato
Bullet Ballad
Alessio D'Uva, entrato nel mondo del fumetto con Topolino e addentratosi grazie ad un gruppo di amici appassionati, è lo sceneggiatore di Bullet Ballad, disegnato da Arjuna Susini.
Ha collaborato con alcune case editrici come Bottero Edizioni, JPOP, Planeta, Lion e Panini.


Oggi è impegnato con la casa editrice Kleiner Flug, da lui creata, con progetti e lavori in continuo aumento.

Ci racconta il suo viaggio iniziato da alcuni scatoloni in soffitta.  

Ciao Alessio

Ciao Stefania!

Iniziamo proprio dall'inizio, come ti sei avvicinato al mondo del fumetto?

Direi che è stato intorno ai 12 anni, quando mi sono trasferito da Firenze in una casa in provincia. Appena arrivato là, in questo enorme villone abbandonato dai precedenti proprietari, ho rovistato in soffitta e ho scoperto un tesoro fatto di scatoloni pieni di Topolino. Essendo stato, da piccolo, molto schivo e riservato, timido a livelli patologici, passavo il mio tempo a leggere di quel topo e dei suoi amici. Così son rimasto fregato…

La vicinanza, poi, di amici come Alberto Pagliaro, Francesco Ciampi e altri grandi appassionati di
fumetto, ha fatto il resto.

Quali sono stati i tuoi primi passi?

Dopo Topolino sono arrivati i fumetti Bonelli, poi i supereroi. Poi direi che sono quasi spariti tutti per essere soppiantati da prodotti un po' più, diciamo, di nicchia. Ma oltre alla lettura e alle collezioni che facevano impazzire i miei genitori, a causa del troppo spazio occupato, possiamo dire che i miei primi passi nel mondo del fumetto sono stati mossi grazie a Francesco Ciampi e Alberto Pagliaro. Per il primo comincia a letterate delle storie apparse su BLUE, Coniglio editore, e poi a scrivergliene, mentre con il secondo scrissi una storia che venne pubblicata sull'antologico BLACK, di Coconino. La cosa mi piacque molto e cominciai a scrivere, a scrivere, a scrivere… e conservo ancora molte delle cose scritte allora, su dei fogliacci.

Quali sono stati quelli più importanti?


Antologia Dreams pubblicata 
da Double Shot
sito ufficiale:

Dopo questo inizio, ho insistito molto. Ho cominciato a frequentare forum di
fumetti, fiere, fumetterie, mi sono confrontato con amici e sono nate nuove amicizie. Insieme a uno di questi amici, Lorenzo Corti, e col supporto di un editore, Bottero Edizioni, fondai una piccola etichetta chiamata DOUbLe SHOt. Il cui intento era, fondamentalmente, quello di pubblicare quel che piaceva a noi. Acquistammo così i diritti per la pubblicazione di DEMO di Brian Wood e Becky Cloonan. Fu un discreto successo. Ci portò il primo Gran Guinigi, premio consegnato a Lucca Comics. Così decidemmo di andare avanti e di fondare un'associazione culturale che è stato il nostro giochino per alcuni anni.
Un passo importante è stato poi abbandonare questa associazione per entrare insieme a Lorenzo nello
staff Lion, ma passo ancora più importante è stato abbandonare Lion.

Come è nata la Kleiner Flug?

L'idea di una casa editrice che proponesse biografie a fumetti di personaggi illustri mi balenava in testa da tantissimo, così come l'idea di adattamenti di opere letterarie. Un giorno mi son chiesto quanto mi interessassero i supereroi e quanto mi interessasse un fumetto diverso. La risposta non è stata difficile, perché fare quel che mi piace di più è sempre stato il mio obbiettivo. La risposta è stata Kleiner Flug, che anche nel nome porta quella mia voglia di dimostrare quanto sia breve la distanza tra teatro, letteratura e arte in genere. Una distanza che si può coprire con un piccolo saltello o con un piccolo volo, KLEINER FLUG in tedesco.



Quali sono stati i progetti di cui si è occupata?

Opere di Verdi a fumetti
Interno di Macbeth
È una realtà talmente giovane, che è impossibile parlare di progetti al passato. I primi lavori su cui ci stiamo buttando sono le opere di Verdi a fumetti:   La traviataOtelloAida e Macbeth, realizzate da Stefano Ascari ai testi e coi disegni di Alberto Pagliaro e Cesare Buffagni.


Interno di: La Traviata                     Otello                                              Aida  
Poi abbiamo intenzione di provare a realizzare una guida di Venezia un po' particolare, con molte illustrazioni e pochissimo testo. Sono stati coinvolti 5 bravissimi Urban Sketcher, che in una settimana hanno realizzato circa 120 illustrazioni di quella bellissima città.
Infine, molti autori stanno lavorando a delle interessanti biografie di italiani illustri e spero di poterne parlare più approfonditamente ben presto.

Puoi accennarci qualcosa sui nuovi progetti in cantiere?

Posso solo dirti che sono in fase di lavorazione fumetti su Dante Alighieri, Benvenuto Cellini, Francesco Petrarca, Giotto, Donatello, Farinata degli Uberti, Raffaello, Nicola Pisano e Guido Monaco, per citarne alcunni, mentre dalla Francia arriveranno adattamenti di almeno 4 opere letterarie, ma è ancora troppo presto per parlare di titoli.

Grazie per la tua disponibilità Alessio. 

Grazie a te, Stefania. A presto! 

E anche voi "volate" nel sito: www.kleinerflug.it  per restare sempre aggiornati.


giovedì 18 luglio 2013

Verso le terre illuminate

Molti anni fa, sul mondo incombeva sempre la notte e il gelo, così gli animali si rifugiano all'interno di un'alta collina.

  
Pensavano di poter trovare un rifugio sicuro, ma si ritrovano tra intricati tunnel e labirinti serpentini. Erano giunti nel cuore di Serpolis, la città degli striscianti giganti dagli occhi gialli. Molti si perdono restando soli tra quelle gallerie e gli altri sono costretti a scappare dalle spaventose creature dei cunicoli. Nuove amicizie si formano e molte si perdono. Solo piccoli gruppetti riescono a trovare la via d'uscita dal labirinto e a rivedere finalmente il buio della notte e non più quello del sottosuolo.
Un gruppo di coraggiosi animali del bosco: un orso d'ebano, un coniglio della neve e un gallo dalla cresta di fuoco, sono finalmente usciti dalla collina, ma hanno perso la loro amica, la gallinella Perla.

  
Hanno cominciato a correre e Perla doveva essere rimasta indietro. Disperati hanno aspettato ore sulla cima prima di mettersi in cammino verso le terre lontane in cui spunta il sole, ma di Perla non c'era traccia.
È rimasta dentro, in un piccolo allargamento dove ha trovato una piccola volpe dagli occhi verdi come l'erba. Hanno subito fatto amicizia, passando le loro giornate insieme scaldandosi al fuoco, giocando a scacchi e parlando delle avventure che avrebbero vissuto una volta uscite nelle grandi terre illuminate. Contente di non essere più sole, non perdono la speranza e continuano a cercare una via d'uscita.

  
Finalmente dopo giorni passati in cunicoli, terra e polvere riescono a vedere il cielo e le stelle che il freddo aveva fatto loro tanto odiare.
Scendono la collina e si mettono in marcia verso il lontano orizzonte d'erba. Ma quando si avvicinano si accorgono che non è erba, è liquida e mossa. Non potendo continuare a camminare prendono la piccola barca abbandonata e cominciano a remare.


Si trovano in quello che non sanno essere il mare. Lo stesso mare che solcano gli amici del bosco utilizzando l'orso d'ebano come nave.


Perla e la volpe arrivano a una distesa di tanti piccoli granellini dorati che sembrano riflettere la luce che brilla alta nel cielo. La luce calda del sole che non hanno mai visto. Una luce nella quale danzano i gabbiani delle nuvole.

  
Nella spiaggia trovano la grotta dell'albero, una piccola casetta in pietra abbracciata dalle radici. Entrano.
Anche gli amici del bosco arrivano alla spiaggia, stanchi, affaticati e bagnati dalla testa alle zampe.


Vedendo la piccola grotta sotto l'albero si affrettano a raggiungerla per trovare riparo.
Ma sbirciando dalla piccola finestra, con grande sorpresa, vedono la loro amica ritrovata.


Accolti con grande gioia  si raccontano le avventure tutti insieme attorno al fuoco, trascorrendo di nuovo una notte come quelle passate.

  
Gli animali del bosco sono animali coraggiosi e dopo questa avventura sono pronti a partire per altre, sempre più lontane, sempre più pericolose.
Partono la mattina dopo con la piccola nave dei due amici verso le distese di ghiaccio.


Lasciano le due amiche nella piccola grotta sotto l'albero. Loro preferiscono viversi il caldo del nuovo sole, in compagnia del loro nuovo vicino di casa, un piccolo pulcino dispettoso che si diverte a becchettare i granchi corallini.
Dalla spiaggia gli amici si salutano, ma non per l'ultima volta, perché dopo ogni avventura torneranno su quella spiaggia e dentro la grotta sotto l'albero per raccontare alle due amiche le emozioni e i paesaggi dei loro viaggi.


lunedì 15 luglio 2013

ILLUSIONE IPNOTICA



Lasciami scorgere la purezza della tua anima
attraverso lo specchio dei tuoi occhi,
stelle che mi catapultano in un sogno.
Mi appari come un'evanescenza
ti metti di fronte a me,
tento di sfiorarti le mani con le dita,
la tua immagine scompare,
si deforma nella mia mente.
Riappari insistente nei miei pensieri
mi volto,
ma ti trovo nel buio della notte.
Come un'illusione,
un'ombra
che appare e scompare,
rimarrai per sempre incancellabile,

nella profondità dell'anima.

SONATA AL CHIARO DI LUNA


Le ruote della carrozza si infrangono contro le pietre della strada. Dopo una faticosa lezione di comportamento, ci dirigiamo ancora al Louvre a vedere le stesse opere di Botticelli o Giotto.
Amo gli artisti di strada, i dipinti fantasiosi e se qualche volta ti soffermi a guardarli, devi forzare la tua immaginazione per scoprirne l'enigma. Le tavole con un soggetto definito senza alcun mistero non sono interessanti. Ma io non posso mai esprimere la mia opinione, nessuna donna lo può fare e soprattutto, se le idee e i gusti sono così volgari come i miei, almeno secondo i miei genitori.
Allora io svuoto la mia testa, non sono che un gioiello per loro e per il mio futuro marito: Gaspar un ricco mercante, molto più vecchio di me e brutto, senza nemmeno che mia sia stato possibile replicare mi è stato messo il suo anello al dito. Un gioiello attaccato alla loro catena.

Io lo detesto. I miei occhi non sono che uno specchio appannato che si risveglia solo al calare della notte. Dopo la cena lascio il mio corsetto sul letto e con un vestito bianco e semplice corro verso le rive della Senna, dove a piedi nudi sull'erba mi distendo a guardare le stelle.
Qui ho incontrato il mio amore, un pianista dal cuore e dagli occhi profondi come le acque che guardo inginocchiata in questo istante.
Jean era il suo nome, il solo uomo che mi ha amata con tutte le mie idee senza criticarle, il solo uomo che ha posseduto il mio cuore e il mio corpo, il solo che è morto per me.
Voleva sposarmi, ma quando Gaspar l'ha scoperto lo ha fatto uccidere vilmente.

Mio amore, ti ricordi la nostra serata sul battello?
Le luci che scaldavano i nostri baci e le lacrime di gioia che si mescolavano al fiume?

Queste lacrime di solitudine e il mio dolore si uniranno nella memoria del nostro amore, nelle più profonde acque al ritmo della sonata che mi hai dedicato al chiaro di Luna.


domenica 14 luglio 2013

NOTTAMBULI

Quando un dipinto ispira un racconto breve...

Nottambuli di Edward Hopper, 1942 Art Institute of Chicago
Quella notte non riuscivo a dormire. Sentivo solo la necessità di camminare. Mi lasciavo trasportare dalle gambe e dal suono delle suole contro il marciapiede. Tutto era spento e silenzioso, tutto tranne il bar Phillies all'angolo. La luce si rifletteva sulla strada. Alzai lo sguardo. Un uomo di mezza età un po' livido in faccia sedeva da solo, in un lato del bancone triangolare. Lo sguardo perso nel bicchiere mezzo pieno e un giornale ripiegato sotto al gomito. Come assente, non si curava minimamente della coppia davanti a lui o del barista, ma solo di quel liquido giallastro che gli avrebbe fatto dimenticare anche per quella sera i suoi tormenti, e i soldi nel portafogli. Alzò il bicchiere e lo portò alla bocca. Gli occhi si schiusero. Stava assaporando con gusto l'alcool, lasciando andare la sua mente offuscata in una vertigine. La coppia di fronte a lui non parlava. La donna intenta a mangiare e l'uomo troppo impegnato a fumare e ad indicare i contenitori di birra in fondo alla sala al barista per farsi riempire i bicchieri vuoti davanti a loro. L'unico che sembrava fremere dalla voglia di parlare era il barista, che, con sguardo lucido e un sorriso smagliante, si rivolgeva ai suoi clienti ogni volta che lo chiamavano. Lasciandolo però, con una voglia mai soddisfatta. Una compagnia di nottambuli muti. Probabilmente proprio quel silenzio che faceva al caso mio, in quella notte insonne.

Entrai dalla porticina marrone e mi sedetti sullo sgabello di legno. Mi accomodai meglio sul bancone. Con le dita sfiorai il giornale del mio vicino. - Posso? -
Questo si voltò e mi guardò con turbamento. Non mi rispose nemmeno, me lo passò con uno sguardo dolorante. Il giornale si aprì ad una pagina con il titolo: SUICIDIO. Quella parola mi tormentava. Il mio vicino di bancone cominciò a piangere. Non sapevo cosa fare, pensai fosse uno degli effetti della sbornia, così lo lasciai sfogare.
Quasi sbiascicando le parole tra i singhiozzi disse: - Era mio fratello. -
Ero turbata. Restai per alcuni minuti in silenzio e poi dalle mie labbra mi uscì solo uno stupido
- Mi dispiace. -
Avrei voluto dirgli che lo capivo, e certo che lo capivo. Alla morte ormai ero abituata, ma i suicidi mi facevano veramente arrabbiare, così egoistici ti lasciavano un vuoto attorno e sradicavano dalla tua vita le persone che avevi sempre considerato le radici che non ti permettevano di sprofondare. E quando ti ritrovi senza questi appigli, non hai più voglia di chiederti perché vai avanti, o in che modo, e ti ritrovi seduto alle tre di notte davanti ad un bancone a buttar giù un drink dopo l'altro. Come un nottambulo ammutolito, derubato della felicità che questi ladri si portano via con sé.
-Una birra grazie. -
- Ecco a lei signora - disse il barista un po' deluso che anch'io non avessi voglia di parlare.
- E una per il mio vicino –
Ne aveva bisogno. Probabilmente anche lui aveva dovuto identificare suo fratello, come qualche ora prima io avevo dato il nome a quel cadavere ancora bagnato, Elizabeth Gregory.
Mia madre.


Fiore di neve e il ventaglio segreto

di Lisa See
brossurato, 336 pp
2010, Tea, collana Teadue
9,00 euro

Sfogliando le pagine del libro Fiore di neve e il ventaglio segreto, sono stata trasportata fino la lontana Cina del XIX secolo.
In una società gerarchica patriarcale in cui il Confucianesimo incoraggiava la tortura della fasciatura dei piedi sulle bambine. Uno dei metodi più crudeli per controllarle e sottometterle.

Un'ambientazione affascinante e carismatica. Templi, enormi palazzi e campagne sono rimaste impresse come fotografie nella mia immaginazione.
Non è stato solo un viaggio alla scoperta di un luogo o di una cultura, è stato anche un viaggio emotivo. In questo isolamento al quale le donne erano costrette, non potevano far altro che farsi forza tra di loro. Fu così, che nacque il nu shu, una scrittura segreta che permetteva loro di comunicare su ventagli o fazzoletti ricamati.

La protagonista è una donna forgiata dalla sofferenza, che l'ha resa forte. Forza che prende dal legame profondo con la sua laotong. Due donne che si danno forza l'una nell'altra. Due donne che si sostengono per non cadere. Restano in piedi e si adeguano alla società, ma i loro destini saranno così diversi che il loro rapporto sarà incrinato. Tenteranno di ricucirlo dopo molti anni, ma avranno poco tempo. Solo pochi giorni e un commovente saluto.


Lisa See
sito ufficiale: http://www.lisasee.com/about-lisa-see/
Il libro oltre a farmi scoprire un paese lontano, che ho potuto visitare rivivendo le stesse impressioni, mi ha mostrato la profondità del sentimento dell'amicizia, grazie alla straordinaria dolcezza e tenerezza dello stile di Lisa See, già percepito in On Gold Mountain del 2000. Sentimenti, emozioni, immagini regalate dall'autrice e racchiuse in quel ventaglio. 

Un tesoro passato tra le mani delle protagoniste e tra le mie. 

venerdì 12 luglio 2013

Sigur Rós una forza della natura

Un geyser infuocato nella tempesta

Sigur Rós, ancora uniti: Ágúst Ævar GunnarssonKjartan Sveinsson, Georg HòlmJonsi Birgisson
sito ufficiale: www.sigur-ros.co.uk
Valtari, uscito il 23 maggio 2012
A un anno di distanza dall'album Valtari, intenso lavoro di quattro anni, il gruppo islandese dei Sigur Rós torna con Kveikur, settimo lavoro di studio. Una svolta pop dell'ensemble, per la prima volta senza il tastierista Kjartan Sveinsson.
Il titolo dell'album “stoppino o miccia” è un nuovo inizio per il gruppo dal sound indomabile e selvaggio della forza di un geyser che diventa una fiamma calda e danzante nelle atmosfere cupe dei videoclip come Breinnistein.


Kveikur, uscito il 18 giugno 2013
Sempre con battiti techno, la durata antiradiofonica accompagnati dalle      chitarre riverberate e dall'epicità unica, ci incanta con la voce ipnotica e cristallina di Jonsi Birgisson.
Il brano più accattivante è Isjaki “iceberg”, un'enorme pietra ghiacciata sulla quale navighi con i brividi su tutto il corpo grazie alla sua energia impalpabile.
La band è attesa con ansia in Italia per le tappe estive: il 23 luglio per il No Border Music Festival a Tarvisio (UD), il 26 a Ferrara, il 27 a Lucca e il 28 a Roma nell'Ippodromo delle Capannelle.
Su: www.ticketone.it é possibile trovare i biglietti.