José è davanti l'enorme biblioteca di casa Heclin.
Quella casa ha un'atmosfera carica di energia, un'energia che gli
scorre in tutto il corpo. Si sente in forma. Ha fatto bene a
trasferirsi.
L'annuncio lo aveva trovato per caso, in una locandina
dimenticata su una panchina, dove quel giorno aveva deciso di
accasciarsi. Mentre leggeva le poche righe di descrizione, si era
convinto che doveva partire e lasciarsi tutto alle spalle. La casa,
che sembrava essersi trasformata in una discarica senza più le cure
di Lora, e l'amore per lei ormai spento dopo l' aborto.
Partì nel pomeriggio per la Scozia. La casa era ancora
meglio di come se l'era immaginata. Le vecchie fondamenta di pietra
erano graffiate dal vento e dalle intemperie, ma erano solide e
continuavano ad ergersi testarde col passare degli anni. Avevano
ascoltato i mantra del monastero e adesso sostenevano il peso di una
casa nobile assediata in ogni angolo dai libri.
Sparge i colori quasi a caso sulle pareti e i mobili
dello studio. Restaurare la biblioteca voleva dire restaurare
l'intera casa, ogni stanza è una sezione, un arto di un gigante
insormontabile. Immerge la mano nel secchio. Il rosso corre tra le
sue tre dita fino al polso, come il giorno dell'incidente.
La sua mente si era annebbiata per alcuni istanti.
Gli succedeva spesso, una patina trasparente si formava
nei suoi occhi. Aveva l'impressione di vedere oltre le cose, ma
perdeva di vista la realtà. Dentro ad una prigione di vetro rimaneva
come paralizzato per alcuni attimi.
Il dottore gli aveva diagnosticato una forma di
depressione che si manifestava con allucinazioni, ma lui preferiva
considerarla una sorta di vetrofania. Uno sguardo attraverso ad una
porta a vetri smerigliata che gli permetteva di vedere le diverse
sfaccettature del mondo.
E proprio in quegli attimi non aveva visto la rotonda
con l'enorme ruota, perché la vista gli tornò per vedere il rosso
sulle sue mani e sul volto.
Adesso quel rosso è tutto quello che gli resta. Niente
più mostre, niente più foto, niente più interviste. Niente più
amore, niente più figlio, quel figlio a cui aveva sperato di poter
insegnare a disegnare e stringere le manine sporche di tempera.
Tutto ciò che lo sosteneva era crollato. Da quando
l'incidente lo aveva mutilato, non era più riuscito a creare la luce
che riusciva a vedere nelle cose. Così l'artista visionario, José
Antonio Delgado, era scappato dalla Spagna e si era rifugiato tra le
spighe della Scozia per ricercare una nuova luce dentro di sé.
Ma non poteva darsi per vinto, la sua fuga doveva essere
un nuovo inizio, lontano da tutti, lontano dal suo vecchio mondo,
doveva ritrovarla.
Cammina per le campagne ed esce immergendosi nella
natura. Più passa il tempo e meno accade dentro di lui. La luce che
tutto irradia è così diversa da quella che una volta gli riempiva
gli occhi.
Si chiude in casa e comincia a sfogliare tutti i libri
in ogni stanza, trovando in questi proprio ciò che cercava. I sogni,
la gloria, i colori delle loro vite. Lì impressi sulla carta.
E' così che decide di mostrarli a tutti, di farli
uscire e vivere da quelle pagine, in una biblioteca di sogni.
Spruzzi e gocce di mille colori che brillano come
piccole lacrime di arcobaleno.
Forse finalmente ha dato forma ai suoi sogni, un'opera
che custodisce tante opere, mille sogni nella notte del suo.