venerdì 24 aprile 2015

La leggenda del salice piangente

Mi ero già allontanato dal mio umile villaggio, ma mai così lontano.
Il paesaggio che si estendeva al mio sguardo era stupendo, i monti si ergevano come potenti divinità sulla vallata. 
Le rocce sembravano brillare come pietre preziose ai raggi del caldo sole estivo. 
Gli unici compagni di viaggio erano il fruscio del vento tra i rami degli alberi e l'odore dell'erba e dei fiori che si piegavano gentilmente al mio passaggio.
Quasi non si poteva credere che qualche metro più in basso ciuffi radi di erba essiccata scricchiolavano come se implorassero acqua.
Ma di acqua non c'era traccia.
Eppure doveva esserci una fonte nelle vicinanze, da cui la natura che si colorava ai miei occhi attingeva così tanta vita.
Erano ormai mesi che non pioveva e rischiavamo di perdere tutti i raccolti.
L'ultimo nostro tentativo, era trovare una sorgente, altrimenti ci saremmo dovuti trasferire.
Mi sedetti su una roccia all'ombra di una quercia e fui colto dalla stanchezza e dalla rassegnazione: se c'era una fonte, i miei occhi non la scorgevano.
Una dolce cantilena accompagnata da un'armonioso scrosciare d'acqua mi cullò tra le braccia di Morfeo.

Sognai una grotta immersa nel verde del bosco. Un'immensa cascata si tuffava nel piccolo lago ai suoi piedi. Talmente maestosa da non poter fare a meno di percorrerla con lo sguardo, come una scala che ti permetteva di raggiungere il cielo. Tutto era così magico e impressionante che i due elementi sembravano mescolarsi e capovolgersi: sotto il cielo e sopra il lago.

La voce smise di cantare come interrotta dalla mia presenza e mi chiamò destandomi.
Cominciai così ad addentrarmi nel bosco. Sembrava stupido cercare un sogno, ma tutto era così stupendo che l'illusione che tutto fosse reale, divenne sempre più concreta.
Mi sembrava di vivere una delle tante fiabe che si raccontavano ai bambini, fino a quando non mi trovai di fronte a una grotta.

Trattenni il respiro indeciso su cosa fare, quando sentii nuovamente la cantilena.

Con passo deciso entrai e su uno scoglio emerso dalle acque, una venere nuda con la pelle più diafana delle perle, cantava.
Un raggio di sole la illuminava e i capelli dorati sembravano filamenti di stelle splendenti.
La sua voce così soave, mi fece credere di essermi nuovamente addormentato.

Di Francesca Neroni
faakuprism.blogspot.it







































Per accettarmi che fosse realtà, cercai di avvicinarmi.
Volevo toccare tutta quella magia.
Ma un ramo spezzato sotto al mio peso fece interrompere l'incanto e la ragazza spaventata si nascose tra le acque.
Non feci in tempo a dire niente, che vidi sfuggire le squame argentee e blu della pinna.
Non era un sogno, tutto era reale. E lei esisteva, non faceva parte della mia immaginazione.
Desideravo vederla, desideravo parlarci, desideravo toccarla.

Non passava giorno che il mio pensiero non la evocasse.
L'acqua della cascata sembrava magica, le piante e i raccolti sembravano risplendere di linfa e la siccità, un ricordo lontano.
L'acqua non era più la mia priorità.
Fu così che tutti i giorni mi incamminavo fino alla grotta.
Inizialmente non si avvicinava a me: io mi sedevo sulle rocce con i piedi immersi nel lago, aspettando, e lei mi osservava dal pelo dell'acqua.

Un giorno ero così stanco dopo il lavoro nei campi, che mi addormentai e al mio risveglio lei era accanto a me a studiarmi con curiosità.
Non credo ci fosse stato nella mia vita un risveglio più bello, con quegli occhi così blu da farmi pensare di essere annegato nell'acqua durante il sonno.
Le sue dita che mi accarezzavano la pelle mi lasciarono una scia umida di brividi.

Ogni volta che tornavo, Naiade mi aspettava.
Ascoltava con attenzione la mia vita e quella del villaggio. 

Per me era tranquilla quotidianità, mentre per lei un mondo esotico e affascinante che poteva solo immaginare.

Di Francesca Neroni

Ma io ero umano e tutto questo non poteva andare avanti ancora per molto.
La vecchiaia cominciava ad arrivare e la mia schiena si incurvava.
Il mio fiato non era più sufficiente, zoppicava sempre più, lasciandomi sempre più vicino al villaggio e sempre più lontano da lei.
Il tempo divenne il nostro ostacolo.

La siccità non era più un problema: negli ultimi anni le acque intorno ai monti cominciarono a rifiorire e i fiumi ingrossati irrigavano abbondantemente i campi.


Un giorno seduto sulla mia sedia a dondolo, ricevetti la visita di un giovane ragazzo che mi aveva preso in simpatia.

Mi raccontò una storia: nel cuore del bosco aveva trovato una grotta.
A questa prima frase il mio cuore saltò un battito.
Al suo interno un rigoglioso e bellissimo salice piangente era bagnato dalle acque di una cristallina cascata.
Dai rami piccole gocce cascavano sul terreno circostante formando piccoli rigagnoli che seguiti, si riunivano nei maggiori fiumi fino ai nostri campi.

Di Francesca Neroni

Il ragazzo si era avvicinato all'albero, e quando la sua mano aveva sfiorato il tronco, la sua anima ne aveva percepita un'altra: una giovane e bellissima donna che piangeva, piangeva e le sue lacrime erano le gocce che scorrevano incessanti.

Di Francesca Neroni

Mi alzai di colpo. Le mie gambe ritrovarono tutta la forza di un tempo.
Corsi verso il fiume più vicino e le mie ginocchia resistettero fino alla riva. 
Il tempo non mi aveva più permesso di andare da lei a prendere l'acqua per la mia gente, così lei aveva fatto arrivare l'acqua da me.

Di Francesca Neroni
E proprio come nel nostro primo incontro, Naiade da sogno si trasformò in realtà. 
Sfiorai nuovamente la sua mano della stessa consistenza dell'acqua.