mercoledì 11 settembre 2013

Aggrappato alla sua luce


La moto era rosso fuoco, troppo splendente per la luce ancora fioca dei primi raggi di sole. Appena si sistemò partì. Fu una sensazione unica. Si lasciò un po' il giubbetto di pelle nero aperto per sentire il freddo vento entrargli fino sotto la pelle. Per lui una corsa a tutta velocità era un'emozione unica, gli alzava l'adrenalina e lo faceva sentire vivo. Il pericolo di poter morire da un momento all'altro a quella velocità sfrenata. Michelle non si reggeva molto a lui, tanto che spesso guardava dallo specchietto per vedere se ancora era lì dietro. Lo toccava leggermente e in quel tocco lui ci vedeva tutto. La sua completa fiducia, gli assegnava la sua vita e allo stesso tempo il seguire passo per passo i suoi movimenti era una simbiosi, un'affinità di anima e corpo. La corsa continuava e anche la meta sembrava sempre più lontana e misteriosa come se stessero fuggendo da una vecchia vita per entrare in una nuova. La realtà appariva così concreta in quegli attimi: i suoni erano amplificati, sentiva il verso ripetitivo di un usignolo tra le fronde degli alberi o il trattore del contadino lavorare nei campi. Anche gli odori risaltavano subito ai sensi, l'odore di bruciato di un piccolo incendio appiccato o quello dello sbocciar dei fiori a primavera. Potevi osservare il mondo, con i suoi cambiamenti di colore e tonalità, così rapidi. Improvvisamente la vita appariva così semplice e serena. Come se le complicazioni le producessero solo la società umana. La sua parola preferita, serenità, una meta forse che non era destinato a raggiungere. Cosa avesse fatto nelle sue vite passate per meritarselo non lo sapeva neppure lui. Dopo tutto, come tutte le regressioni l'aveva dimenticato.
Poi quella meta arrivò, come una fotografia istantanea dietro la curva. Si ritrovarono distesi sull'asfalto sanguinanti.
Era il 1986 e quel giorno per ben due ore Andrew morì. Nessuno li aveva ancora soccorsi quando riprese i sensi. Vedeva tutto rosso, come dietro quelle lenti per osservare le eclissi di sole. Michelle era sdraiata poco lontano da lui. Strisciando cercò di raggiungerla. Ma prima di riuscire a toccarle i capelli una luce lo fissò intensa e pacata e si sollevò da lei lentamente. Disperato si aggrappò a quella luce, sapeva che era la sua anima e se, se ne fosse andata l'avrebbe persa per sempre.
L'aveva conosciuta ad una sua mostra e gli si avvicinò mentre lei fissava il dipinto di una donna di spalle. Quelle esili spalle strette dal vestitino bianco estivo di cotone che svolazzava ad ogni suo movimento. Quelle spalle erano le stesse che lui aveva dipinto, così come i morbidi capelli. Come una premonizione il quadro sembrò prendere vita di fronte a lui e Michelle entrò a far parte della sua vita.
Ora che l'aveva persa per sempre non aveva smesso di dipingere ma aveva cambiato le sue tele. Da quel giorno riusciva a vedere negli occhi delle sue modelle di bodypainting la loro anima e gliela plasmava sulla pelle facendola emergere in superficie da una profondità di cui nemmeno loro erano consapevoli.
Lacrime, tormenti, gioie e sorrisi tutto impregnava con il suo pennello e i suoi colori in una danza fluida. Niente era fuori posto, niente era eccessivo, tutto si adattava alle loro curve fino a che le sue dita non si sollevavano. Quando il tocco cessava non solo il lavoro era finito, ma lui non si ricordava più niente di quello che aveva visto.

Aveva scelto l'arte del bodypainting come viaggio dentro quelle anime per trovare la stessa luce della sua Michelle, ma non l'avrebbe più trovata. L'immagine si sfuocava e sfuggiva alla sua memoria, come un orologio al quale un ingranaggio ha smesso di funzionare. E come il ricordo anche il dipindo era destinato a scomparirgli, non gli restava come i dipinti, anche quelle anime raffigurate proprio come l'anima della sua Michelle erano destinate a svanirgli davanti.